Area Riservata Soci   Note   Regione Campania

*LOGIN :

*PASSWORD :

* Campo Obbligatorio
Per accedere utilizza come login "cognome+iniziale nome" e come password iniziale il proprio codice meccanografico associativo.

Nota bene: I dati letti e scaricati sono riservati, ed ogni abuso sara' perseguito a norma di legge e del "regolamento associativo". ("AleNapoli Tour").
Regiona Campania

AleNapoli
Tour
Campania


ALENAPOLI.EU nasce il
04 Settembre 2010

Risoluzione schermo consigliata 1024x768

Jama Web Site

NAPOLI: LA TERRA DI PARTENOPE VISITE GUIDATE ALENAPOLI TOUR

Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi ...
Vieni con noi di ALENAPOLI Tour per visitare la Napoli sotto il profilo dell’Esoterismo e del Mistero con i suoi aneddoti e personaggi più rappresentativi: elementi che creano l'originalità di una città rendendola unica al Mondo. La cultura greca, dove la gente partenopea ha origine avvicina molto i due mondi del sacro e del profano... in una mescolanza di modi di essere e di vivere il quotidiano.
L'itinerario si svolge lungo le strade ed i vicoli caratteristici dei Decumani Maggiore ed Inferiore, luogo misterioso che vide con l'Agorà la nascita della nuova città … chiamata per l'appunto Neapolis.
La nostra iniziativa nasce dalla richiesta sempre più incessante di voi turisti e lettori di saperne di più … sul cosa sono e come nascono le Anime Pezzentelle, alcune figure misteriose come la Bella ‘Mbriana e il Munaciello e, le leggende che circondano Castel dell’Ovo e personaggi esoterici come il Principe Raimondo de Sangro concludendo la visita nella ex-sede della Massoneria di Napoli nella Galleria Umberto I.
Grazie alla nostra collaborazione vivrete un'esperienza particolare, articolata in tre parti (Chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco, Cappella San Severo, Galleria Umberto I).
Principe Raimondo De Sangro figura esoterica napoletana
I Fantasmi di Napoli
Spettri, figure misteriose, rumori stridenti, atmosfere cupe e tanta fantasia; sono i fantasmi napoletani:

Il fantasma di Piazza san Domenico Maggiore
Lo spettro di Maria D’Avalos, uccisa dal marito Principe Gesualdo per via della sua relazione adulterina col duca Fabrizio Carafa, si farebbe notare secondo la tradizione popolare nei pressi di Piazza S.Domenico Maggiore, in prossimità del Palazzo di Sansevero dove la donna fu uccisa.
Si dice che nelle notti di luna piena sarebbe possibile notare una evanescente figura femminile che, in vesti succinte e con i capelli mossi dalla brezza, si aggirerebbe dolente alla ricerca del suo amante Fabrizio.
Sarebbe altresì udibile un sibilo simile ad un soffuso lamento.

Il fantasma dell’impiccato
In zona Corso Garibaldi, pare vi sia un condominio infestato dal Fantasma di un impiccato. La sua testa appare lungo le scale ed ha terrorizzato molte persone.
L’apparizione sarebbe da imputarsi ad un soldato spagnolo che fu impiccato dal popolo in rivolta.

Il fantasma di via Bovio
Lungo le strade che confluiscono nella piazza, appare lo spettro di una donna del Seicento.
Il suo Fantasma fugge disperato come se fosse inseguito.
Nessuno é riuscito però a scorgere il suo volto e ad avvicinarla.
Si ritiene che l’apparizione sia quella di una donna violentata e poi uccisa dai saraceni molti secoli fa.

Il fantasma del Palazzo reale
Maria Carolina di Borbone, sposa di Ferdinando IV di Napoli, dà vita a sfarzosi ricevimenti nelle sale del museo di Capodimonte.
Nei saloni apparirebbero luci e misteriose figure.
Le danze sono accompagnate dal suono di antichi strumenti musicali.

Il fantasma di Palazzo Fuga
Questo antico palazzo, che alcuni secoli addietro ospitava i poveri della città, secondo alcune indiscrezioni sarebbe ancora popolato da misteriose presenze: bagliori alle finestre, strane figure e lamenti animano questo luogo.

I fantasmi del Ponte Sanità
Il ponte si trova in zona Capodimonte. Secondo alcune testimonianze, durante le notti piovose, sarebbero udibili i lamenti e i pianti di coloro che ivi si suicidarono

Il fantasma di via Marina
Lungo questa via appare lo spettro di un soldato della marina americana.
Costui apparirebbe (cosa curiosissima!) solo quando negli appartamenti della zona vengono preparate delle patatine fritte.
Biondo e con un amichevole sorriso, in testa porta la tipica bustina della marina militare.

Il fantasma della Chiesa di santa Chiara
Giovanna I d’Angiò, regina di Napoli, fu uccisa nel 1382 nel castello di Muro per ordine di Carlo III di Durazzo che ne aveva invaso il regno. Poiché ella aveva appoggiato l’antipapa Clemente VII, papa Urbano VI non le concesse la sepoltura in terra consacrata.
Ebbene, secondo una tradizione partenopea, ogni anno nella ricorrenza della sua morte, Giovanna apparirebbe nel chiostro della chiesa di Santa Chiara.
Secondo quanto si narra, avanzerebbe lentamente lungo i vialetti o rasente ai muri col capo chino.
Nel suo incedere, di tanto in tanto, farebbe qualche sosta sollevando lo sguardo. Una nota di colore vuole che la sua espressione sia così terribile da determinare la morte di chiunque incroci i suoi occhi.
Una segnalazione che sembra molto legata alle leggende popolari della zona più che a qualche episodio concreto ma che vale tuttavia la pena di sottolineare

Il fantasma della basilica dell’Incoronata
In questa Basilica, in alcuni periodi dell’anno (ed in particolare durante la primavera), lungo le adiacenti gradinate appare lo spettro di una giovane ragazza in abito nuziale.
Ella avrebbe dovuto percorrere quei gradini per coronare il suo sogno d’amore ma, proprio nel giorno fissato per il matrimonio, morì di tisi.
Curiosità: il Fantasma sembra apparire solo alle ragazze nubili.

Prenotazione: Per piccoli gruppetti possibilità di prenotare almeno due giorni prima.

Orario escursione di mattina:
inizio tour alle 09:00 fino alle 13:00 ;
Orario escursione pomeriggio:
inizio alle 15:00 fino alle ore 19:00.

Il programma di visita può anche essere personalizzato in funzione delle vostre esigenze.

Seguiti da Guida Turistica vi addentrerete in luoghi pieni di MISTERO e di credenza popolare...

Previous
Next

"Io ero ciò che tu sei; tu sarai ciò che io sono"
LA MORTE

Lucia e le anime pezzentelle, Chiesa di S.Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco - Napoli
Lucia l'anima pezzentella più prolifica di aiuti e ben voluta dai napoletani

Credenza popolare vuole che le anime pezzentelle il 2 novembre, nella notte dei defunti, tornino a fare visita alle case che hanno abitato.

Chi sono le ANIME PEZZENTELLE?
Per chi non lo sapesse, le anime pezzentelle, sono anime abbandonate, anime in pena, anime di teschi senza nome, ammassati nelle cave cittadine nel corso dei secoli. Anime in cerca di refrigerio (“refrisc ‘e ll’anime d’o priatorio: dai sollievo alle anime del purgatorio), anime a cui il popolo era, ed è tuttora devoto. Anime a cui ci si rivolge per chiedere una grazia, la protezione dei momenti di bisogno, e in cambio si offrono preghiere, refrigerio dalle fiamme del Purgatorio.
La pratica suggestiva delle adozioni di alcuni teschi che, di solito, venivano messi in teche e venerati o per grazia ricevuta o per voto o per fede, fecero nascere numerose storielle. Ed ecco che in un ambiente cosi magico non potevano non nascere le varie personificazioni delle "anime pezzentelle" , tra queste la figura di Lucia, una giovinetta morta subito prima del matrimonio o, le presenze di uomini morti in guerra, principesse cavalieri. Talvolta poi, i teschi hanno una storia e un nome trasmessi attraverso racconti tramandatisi nel tempo; è il caso del "monaco" (o' capa e Pascale) in grado di far conoscere i numeri vincenti al gioco del lotto, quella del "capitano", figura di riferimento emblematica del cimitero delle fontanelle o quella di "donna Concetta" nota più propriamente come "a' capa che suda". Altro aspetto significativo è legato alle leggende sulle storie dei bambini in particolare quella di "Pasqualino".
I bigliettini scritti in stampatello e le date di pochi mesi o un anno fa, ti ricordano che da queste parti non si aspetta Halloween per andare da Lucia, per parlare con i morti.
Ecco alcuni messaggi rinvenuti nei teschi:
‘Principessa Lucia fai tornare mio marito a casa da me’.
‘Cara Lucia, fai guarire mio fratello da quella brutta malattia’.
‘Grazie principessa Lucia, il tuo capitano’.
Anima bella venitemi in sogno e fatemi sapere come vi chiamate. Fatemi la grazia di farmi uscire la mia serie della cartella Nazionale. Anima bella fatemi questa grazia, a buon rendere...
Napoli 3/4/1944
La famiglia dell'Aviere Lista Ciro trovandosi senza notizie di suo figlio da pochi giorni dopo l'Armistizio e quindi sono otto mesi ed essendo devota di voi aspetta con tanta fede da voi la bella grazia.

Lucia
In qualsiasi mese dell’anno, la nicchia dove c’è il teschio di Lucia (ancora incorniciato nel suo velo da sposa) è piena di bigliettini, preghiere, fiori freschi e di plastica, ex voto. E tra i fiori e gli ex voto, c’è anche un vestito da sposa impacchettato e sistemato ai piedi della nicchia, la ragazza che fa da guida nell’ipogeo, spiega che era preso in prestito da ragazze povere, che altrimenti non avrebbero potuto permettersi l’abito bianco. La leggenda narra di Lucia, ragazza di nobile famiglia, forse morta mentre scappava da un matrimonio combinato oppure morta subito dopo il matrimonio. In ogni caso, una giovane e un amore finito male. E a lei le napoletane si rivolgevano (e tuttora si rivolgono) per ricevere una grazia…
Si rivolgono a lei, e alle altre anime pezzentelle, nella chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco o al Cimitero delle Fontanelle alla Sanità.

Il Teschio del Capitano con "l'occhio nero" Questo teschio era stato adottato da una povera ragazza, ad esso ella rivolge tutte le sue cure e preghiere, supplicandolo perché le facesse trovare marito. Così avvenne e, prima di andare all'altare, la giovane volle ringraziare il teschio per la grazia ricevuta. Il giorno delle nozze tutti erano attirati dalla presenza in chiesa di uno strano tipo vestito da soldato spagnolo; questi, al passaggio degli sposi, sorrise alla ragazza e le fece l'occhiolino. Il marito, ingelosito, lo affrontò e lo colpì ad un occipite con un pugno. Tornata dal viaggio di nozze, la giovane si recò subito al cimitero per ringraziare ancora il suo teschio e lo trovò con una delle orbite completamente nera. Si gridò al miracolo ed il teschio in questione fu indicato come il "Teschio del Capitano". In seguito gli furono attribuiti anche altri miracoli.

'O Munaciello...

Molte sono le leggende popolari e i detti popolani sulla figura più esoterica e strana di Napoli
Il Munaciello personaggio esoterico napoletano

‘O Munaciello è un personaggio imprevedibile ed è temuto dal popolo per i suoi dispetti ma è anche amato perché a volte fa sorprese gradite che sollevano anche economicamente la situazione di una famiglia. Egli si manifesta come un vecchio-bambino che indossa il saio dei trovatelli, che venivano ospitati nei conventi. Amante delle donne, leggermente vizioso, è solito in presenza delle giovani e belle donne palparle con un comportamento da "rattuso" ed in cambio di questo e/o dello spavento che il suo aspetto ripugnante procura a chi lo incontra lascia delle monete. In questo caso non bisogna rivelare a nessuno l'episodio, pena l'accanimento del Munaciello nei nostri confronti.

Vi sono due ipotesi sulla sua origine:
La tradizione narra che la “storia” delle origini del Munaciello: verso il 1445, epoca in cui Napoli era governata dagli Aragonesi, la bella Caterinella (Caterine Frezza), figlia di un ricco mercante, s’innamorò di un bellissimo giovane garzone, Stefano Mariconda. L’amore fu contrastato dal padre di lei tanto che un giorno il ragazzo fu trovato morto nel luogo dove era solito incontrare Caterina. La fanciulla dal grosso dispiacere si ritirò in convento dove in seguito diede alla luce un bimbo deforme. Le suore lo accudirono e gli cucivano vestiti monacali con un cappuccio per nasconderne le deformità. Fù così che quando usciva dal convento per le strade di Napoli il popolo cominciò a chiamarlo “lu munaciello”. Col passar degli anni gli furono attribuiti poteri magici tanto da farlo divenire una leggenda che oggi tutti i napoletani conoscono.
La seconda ipotesi vuole che il Munaciello sia il gestore degli antichi pozzi d'acqua che, in molti casi, aveva facile accesso nelle case passando attraverso i cunicoli che servivano a calare il secchio. Quando non veniva pagato per i suoi servizi egli si vendicava facendo dei dispetti agli abitanti della casa.
Secondo gli occultisti la storia di questo fanciullo è pura invenzione del popolo che volle assegnare aspetti benevoli ad un individuo demoniaco. Infatti secondo la teoria esoterica il munaciello non era altro che una presenza demoniaca del male che, ricorrendo a doni, in realtà ingannava le vittime cercando di comprarne l’anima. Il popolo ha però esorcizzato la paura e ancora oggi aspetta la visita de ‘0 munaciello che può lasciare del denaro inaspettatamente senza chiedere nulla in cambio.

'A Bella 'Mbriana...

Nella credenza popolare napoletana è lo spirito della casa e rappresenta uno spirito benigno.

La Bella Mbriana ... spirito benevolo della Casa Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. Di aspetto avvenente, regna, controlla e consiglia gli abitanti. Nel corso dei secoli, e ancora oggi, è l'antagonista del munaciello. E' anche detta Meriana oppure Mberiana. La derivazione etimologica proviene dal latino: meridiana, il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, è molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana. Alla bella 'mbriana piace l'ordine e la pulizia e per questo una casa trascurata la rende irascibile. Quando si decideva un trasloco, si cercava di parlarne fuori casa, in modo da nn farla ascoltare per non tirarsi addosso le sue ire. In antico, si metteva a tavola un posto in più per lei e una sedia libera perchè poteva entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero state occupate la nostra Amica sarebbe potuta andar via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalità!

'A Janara...

nella credenza napoletana contadina, è una specie di strega presente nei racconti popolari.
La Strega chiamata Janara nella fantasia popolare contadina napoletana

La Janara usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per prenderne uno e cavalcarlo per tutta la notte. Completamente nuda e vecchia, una volta scoperta, aggrediva e addirittura sbranava le sue vittime. Aveva l'abitudine di praticare le treccine alla criniera del cavallo che aveva preso, lasciando cosi un segno della sua presenza. Tante volte il cavallo non sopportava lo sforzo immane a cui era sottoposto, e moriva di fatica. Contrariamente a tutte le altre streghe, la Janara era solitaria e tante volte anche nella vita personale di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido. Per poterla acciuffare, bisognava immergersi completamente in una botte piena d'acqua per poi afferrarla per i capelli che erano il suo punto debole. L'etimologia porposta per il termine popolare jamara metteva in connessione tale nome con il latino ianua=porta, in quanto essa è insidiatrice delle porte per introdursi nelle case. Per allontanarla si è soliti mettere, davanti alla porta di casa una scopa di fascine; la janara è costretta a contare i rametti sottili; intanto scompare la luna e, con essa anche il pericolo. Ancora oggi una piccola scopa, appesa alla porta o al muro di casa è ritenuta uno "scaccia-guai".

Napoli e i suoi morti: dai numeri del lotto a un posto di lavoro… i regali dall'aldilà.
Cimitero delle Fontanelle del rione Sanità di Napoli

Nell’antico cimitero delle Fontanelle del rione Sanità, di 3 mila metri quadri, sono conservati circa 40 mila corpi di persone morte per la peste del 1656. I crani delle Fontanelle sono adottati dai credenti. I personaggi fantasiosi che vi si trovano sono: - la statua acefala del Monacone; - Il cranio di Donna Concetta ; - Il cranio del Capitano. C’era una volta il «tiro a otto», cioè il monumentale carro trainato da una flottiglia di cavalli nero-pece, di stazza enorme e capaci di muoversi solenni al ritmo della marcia funebre che accompagnò la salma di Totò da Piazza del Carmine al cimitero. Altri tempi, altre esequie. Oggi un grande personaggio o un povero diavolo vengono accompagnati al cimitero a bordo di anonime station wagon, senza cavalli né fanfare dolenti. Eppure, il rapporto tra i napoletani e chi se ne va resta magico e suggestivo.

IL DIALOGO CON I DEFUNTI
«Guagliù, che cosa grande vi siete persi!», c’era scritto a caratteri enormi sul muro del cimitero di Poggioreale quando il Napoli con Maradona vinse il primo scudetto. Era la primavera del 1987, quel messaggio - tenerissimo verso i «guaglioni» defunti ed ex tifosi che non avevano potuto vivere lo storico trionfo - provocò una sorprendente risposta: «Ma chi ve l’ha detto che ce l’amm’ perza?» (Chi ve lo detto, che ce la siamo persa?), recitava la contro-scritta (a caratteri ancor più vistosi) che comparve la mattina dopo sul muro del cimitero addobbato a festa.
A proposito di calcio (e di complicità fra i morti e i vivi), Napoli è l’unica città al mondo in cui uno dei cimiteri più affollati, quello di Fuorigrotta, è ubicato a non più di 80 metri di distanza dallo stadio san Paolo, lato curva B. Quando la squadra fa gol, nelle cappelle tutto sobbalza. Ed è come se anche i defunti applaudissero al tripudio. Accaparrarsi un loculo a Fuorigrotta, che consente di partecipare da vicino (e per l’eternità) alle prodezze domenicali di Higuain, Calleion e Hamsik, resta il sogno segreto di molti tifosi in età avanzata.
Napoli è anche il luogo in cui all’idolo Maradona è stata issata un’edicola votiva identica a quelle dedicate a san Gennaro e ai santi, con fasci di fiori sempre freschi, lampade votive e altarino addobbato.
C’è un filo vitale che tiene insieme chi se ne è andato e chi ancora abita nei vicoli più antichi. In realtà, nella città del Vesuvio vige la convinzione che chi muore non vada mai via sul serio (Eduardo de Filippo, nella commedia Le voci di dentro, parla con i defunti annidati sotto i mobili di casa): insomma, un po’ di sé resta fra i vivi. E si manifesta nei modi più insoliti, magari con i numeri giusti suggeriti in sogno per un bel terno da nababbi. O con il posto di lavoro che a sorpresa illumina il nipote sfortunato ma prodigo di candelotti e giaculatorie.
Il luogo che meglio racconta la specificità del culto funebre partenopeo resta il cimitero delle Fontanelle, che è nel cuore del rione Sanità (dove nacque Totò) e ospita i resti dei morti senza nome risalenti alla pestilenza del 1656: le cosiddette anime pezzentelle vagano in Purgatorio, in cerca dell’identità perduta e di briciole di pace eterna.
Sebbene sia severamente proibito (nel 1969 il cardinale Corrado Ursi definì la pratica «pagana e superstiziosa»), l’abitudine di «adottare» una fra le 40 mila anime pezzentelle lì custodite, cioè di racchiuderne il teschio in un involucro e di prendersene cura in cambio di favori, grazie e intercessioni, resta assai diffusa tra i fedeli.
Sotto l’occhio severo delle «maste» (le donne anziane addette alla cura dell’ossario) l’adottante sceglie una capuzzella, la ripulisce, le depone una corona del rosario tutt’intorno. Se la capuzzella inizia a sudare, vuol dire che sta intercedendo. Se non suda, vuol dire che non elargirà grazie e va cambiata. Ma accade di rado, perché il cimitero delle Fontanelle è ubicato in una antica cava tufacea in cui l’alto tasso di umidità produce gocce di condensa sui teschi, facendoli sembrare sudati.
Quando nel 1980, con il terremoto, il cimitero fu chiuso, i fedeli chiesero una deroga per entrare perché - spiegarono ai vertici sbalorditi della Curia - «le anime purganti sollecitano in sogno preghiere urgenti». Divieti a parte, le adozioni impazzano.
I defunti, come declamava Totò nella poesia A livella (La livella), «sono tutti uguali». Però alcune capuzzelle restano più famose di altre. E vengono adottate di più: quella del Capitano, per esempio. O quella del Monacone. O quella della sposa Lucia, che annegò mentre aspettava lo sposo sulla scogliera.
Ogni teschio, nasconde una storia magica. E mille credenze. ‘A capa ‘e Pascale (il teschio di Pasquale) fa vincere al gioco del lotto. ‘A Capa d’o Capitano fa maritare una ragazza povera. ‘A capuzzella d’o nennillo (del bambino) garantisce pace tra le mura di casa. E così alle capuzzelle i malati chiedono guarigione, le zitelle un matrimonio, i disoccupati un lavoro. E tutti pretendono i numeri, quelli per vincere al lotto e svoltare nella vita (come accade in Non ti pago, un’altra celebre commedia di Eduardo De Filippo).

La Massoneria a Napoli
Fasi del rituale di iniziazione a Maestro Massone
Un sicuro insediamento della massoneria a Napoli, a parte un precedente non del tutto certo del 1728 (relativo ad una loggia denominata Perfetta Unione), può esser fatto risalire al 1749, ad iniziativa di un mercante di seta francese, tale Louis Larnage, fondatore di una loggia alla quale aderirono diversi ufficiali e numerosi nobili. Dalla loggia originaria si distaccò un gruppo, guidato dallo stesso Larnage, che costituì un’altra loggia di più modesta fisionomia sociale. Nel luglio del 1750, per iniziativa dello Zelaia, Raimondo di Sangro principe di San Severo fu eletto gran maestro della embrionale libera muratoria napoletana e dette rapidamente mano ad una notevole espansione della confraternita.La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da Papa Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del 1738, indusse Carlo VII di Borbone (poi Carlo III, come re di Spagna) alla promulgazione di un editto (10 luglio 1751) che proibiva la Libera Muratoria nel regno di Napoli. Avendo avuto sentore della tempesta che stava per abbattersi sulla neonata massoneria napoletana, fin dal 26 dicembre 1750 il principe di San Severo aveva minutamente informato il re sulla esatta realtà dell’organizzazione da lui presieduta e, con altrettanta tempestività, il 1° agosto 1751 inviò al Papa un’abilissima lettera di ritrattazione. Le proteste di lealismo politico-religioso del San Severo valsero a limitare le sanzioni contro i liberi muratori napoletani, che si ridussero per la stragrande maggioranza di essi a una solenne ammonizione giudiziaria.Nel 1763, divenuto re di Spagna fin dal 1759 Carlo VII e regnante sotto la tutela del toscano ministro Bernardo Tanucci l’ancora minore suo figliolo Ferdinando IV, il gran maestro aggiunto della G. L. Nazionale d’Olanda Franc Van der Goes concesse una patente provvisoria di fondazione per una loggia sotto la denominazione di Les Zelés. La patente definitiva venne rilasciata dalla G. L. Nazionale di Olanda il 10 agosto 1763 e ad essa il 10 marzo 1764 fece seguito un’altra patente, che promuoveva la loggia Les Zelés al rango di Gran Loggia Provinciale per il regno di Napoli.Tra il 1766 ed il 1767 un gruppo di fratelli, guidato dall’abate Kiliano Caracciolo, creò una loggia dissidente sotto la denominazione di La Bien Choisie, ottenendo il 26 aprile 1769 una patente di fondazione dalla G. L. d’Inghilterra (Moderns), la quale in pari tempo (7 marzo 1769) aveva altresì rilasciato un’altra patente per una loggia, la Perfect Union n. 368, la quale fu investita del rango di Gran Loggia Provinciale, con a capo il duca di San Demetrio e della Rocca, sostituito nel 1773 da Francesco d’Aquino principe di Caramanico.Nel 1775 il principe di Caramanico proclamò la nascita di una G. L. Nazionale Lo Zelo, ovviamente indipendente dalla G. L. d’Inghilterra, che reagì affidando al duca di San Demetrio e della Rocca il compito di ricostituire una Gran Loggia Provinciale.

re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci
Re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci persecutori della Massoneria Napoletana Ferdinando IV il 12 settembre 1775 firmava un nuovo editto contro la massoneria, a conferma di quello del 1751. Il 1° gennaio 1776 il ministro Bernardo Tanucci ordinò una perquisizione e nelle mani della polizia rimasero alcuni borghesi, tra i quali il professore di matematica Felice Piccinini ed il grecista Pasquale Baffi, membri della G. L. Provinciale “inglese”. I lavori massonici furono ufficialmente sospesi e il gran maestro principe di Caramanico fu costretto a una pubblica abiura. Ma il processo agli arrestati, grazie alle pressioni esercitate sulla Regina Maria Carolina dallo stesso principe di Caramanico e da Diego Naselli, si concluse con la loro liberazione e con l’inaspettato pensionamento del ministro Tanucci.Nel giugno 1776 i membri della G. L. Nazionale elessero Diego Naselli gran maestro. Nel 1777 quest’ultimo aderì al Rito della Stretta Osservanza Templare, coinvolgendovi per intero la G. L. Nazionale. Nel 1779, a seguito degli sviluppi verificatisi in seno al Regime della Stretta Osservanza mediante il Convento di Lione e la riforma elaborata dal Willermoz con la trasformazione del Regime medesimo in quello Scozzese Rettificato, il Naselli e la sua Gran Loggia Nazionale aderirono alla riforma. Dal 1783, a causa della forzata rinunzia da parte del conte di Bernezzo, il Naselli assunse anche la carica di gran maestro provinciale.Nel frattempo continuava pur sempre a sopravvivere la Gran Loggia Provinciale “inglese” diretta dal duca di San Demetrio, tra i cui aderenti si devono ricordare, oltre al già citato Pasquale Baffi, il giurista Mario Pagano, l’ammiraglio Francesco Caracciolo, il medico Domenico Cirillo, l’ufficiale Giuseppe Albanese. Nel 1784, nel piedilista dell’aristocratica loggia La Vittoria, alle dipendenze del Rito Scozzese Rettificato, troviamo anche il poeta Aurelio Bertòla de Giorgi ed il conte Vittorio Alfieri, iniziato probabilmente tra il 1774 ed il 1775. Alle soglie della rivoluzione francese, tuttavia, la G. L. Nazionale era in piena regressione numerica. Il 3 novembre 1789 Ferdinando IV rinnovò la proibizione delle attività massoniche ed il gran maestro Naselli dette ordine alle logge di sospendere i propri lavori.
È certo che i nascenti clubs giacobini, che avrebbero entusiasticamente sostenuto la repubblica partenopea, reclutarono a preferenza tra i fratelli massoni. Molte delle vittime della restaurazione borbonica, in effetti, erano transitate nelle logge della G. L. Nazionale od in quelle della G. L. Provinciale inglese.
Fonte GOI

La Massoneria a Napoli
Fasi del rituale di iniziazione a Maestro Massone
Un sicuro insediamento della massoneria a Napoli, a parte un precedente non del tutto certo del 1728 (relativo ad una loggia denominata Perfetta Unione), può esser fatto risalire al 1749, ad iniziativa di un mercante di seta francese, tale Louis Larnage, fondatore di una loggia alla quale aderirono diversi ufficiali e numerosi nobili. Dalla loggia originaria si distaccò un gruppo, guidato dallo stesso Larnage, che costituì un’altra loggia di più modesta fisionomia sociale. Nel luglio del 1750, per iniziativa dello Zelaia, Raimondo di Sangro principe di San Severo fu eletto gran maestro della embrionale libera muratoria napoletana e dette rapidamente mano ad una notevole espansione della confraternita.La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da Papa Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del 1738, indusse Carlo VII di Borbone (poi Carlo III, come re di Spagna) alla promulgazione di un editto (10 luglio 1751) che proibiva la Libera Muratoria nel regno di Napoli. Avendo avuto sentore della tempesta che stava per abbattersi sulla neonata massoneria napoletana, fin dal 26 dicembre 1750 il principe di San Severo aveva minutamente informato il re sulla esatta realtà dell’organizzazione da lui presieduta e, con altrettanta tempestività, il 1° agosto 1751 inviò al Papa un’abilissima lettera di ritrattazione. Le proteste di lealismo politico-religioso del San Severo valsero a limitare le sanzioni contro i liberi muratori napoletani, che si ridussero per la stragrande maggioranza di essi a una solenne ammonizione giudiziaria.Nel 1763, divenuto re di Spagna fin dal 1759 Carlo VII e regnante sotto la tutela del toscano ministro Bernardo Tanucci l’ancora minore suo figliolo Ferdinando IV, il gran maestro aggiunto della G. L. Nazionale d’Olanda Franc Van der Goes concesse una patente provvisoria di fondazione per una loggia sotto la denominazione di Les Zelés. La patente definitiva venne rilasciata dalla G. L. Nazionale di Olanda il 10 agosto 1763 e ad essa il 10 marzo 1764 fece seguito un’altra patente, che promuoveva la loggia Les Zelés al rango di Gran Loggia Provinciale per il regno di Napoli.Tra il 1766 ed il 1767 un gruppo di fratelli, guidato dall’abate Kiliano Caracciolo, creò una loggia dissidente sotto la denominazione di La Bien Choisie, ottenendo il 26 aprile 1769 una patente di fondazione dalla G. L. d’Inghilterra (Moderns), la quale in pari tempo (7 marzo 1769) aveva altresì rilasciato un’altra patente per una loggia, la Perfect Union n. 368, la quale fu investita del rango di Gran Loggia Provinciale, con a capo il duca di San Demetrio e della Rocca, sostituito nel 1773 da Francesco d’Aquino principe di Caramanico.Nel 1775 il principe di Caramanico proclamò la nascita di una G. L. Nazionale Lo Zelo, ovviamente indipendente dalla G. L. d’Inghilterra, che reagì affidando al duca di San Demetrio e della Rocca il compito di ricostituire una Gran Loggia Provinciale.

re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci
Re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci persecutori della Massoneria Napoletana Ferdinando IV il 12 settembre 1775 firmava un nuovo editto contro la massoneria, a conferma di quello del 1751. Il 1° gennaio 1776 il ministro Bernardo Tanucci ordinò una perquisizione e nelle mani della polizia rimasero alcuni borghesi, tra i quali il professore di matematica Felice Piccinini ed il grecista Pasquale Baffi, membri della G. L. Provinciale “inglese”. I lavori massonici furono ufficialmente sospesi e il gran maestro principe di Caramanico fu costretto a una pubblica abiura. Ma il processo agli arrestati, grazie alle pressioni esercitate sulla Regina Maria Carolina dallo stesso principe di Caramanico e da Diego Naselli, si concluse con la loro liberazione e con l’inaspettato pensionamento del ministro Tanucci.Nel giugno 1776 i membri della G. L. Nazionale elessero Diego Naselli gran maestro. Nel 1777 quest’ultimo aderì al Rito della Stretta Osservanza Templare, coinvolgendovi per intero la G. L. Nazionale. Nel 1779, a seguito degli sviluppi verificatisi in seno al Regime della Stretta Osservanza mediante il Convento di Lione e la riforma elaborata dal Willermoz con la trasformazione del Regime medesimo in quello Scozzese Rettificato, il Naselli e la sua Gran Loggia Nazionale aderirono alla riforma. Dal 1783, a causa della forzata rinunzia da parte del conte di Bernezzo, il Naselli assunse anche la carica di gran maestro provinciale.Nel frattempo continuava pur sempre a sopravvivere la Gran Loggia Provinciale “inglese” diretta dal duca di San Demetrio, tra i cui aderenti si devono ricordare, oltre al già citato Pasquale Baffi, il giurista Mario Pagano, l’ammiraglio Francesco Caracciolo, il medico Domenico Cirillo, l’ufficiale Giuseppe Albanese. Nel 1784, nel piedilista dell’aristocratica loggia La Vittoria, alle dipendenze del Rito Scozzese Rettificato, troviamo anche il poeta Aurelio Bertòla de Giorgi ed il conte Vittorio Alfieri, iniziato probabilmente tra il 1774 ed il 1775. Alle soglie della rivoluzione francese, tuttavia, la G. L. Nazionale era in piena regressione numerica. Il 3 novembre 1789 Ferdinando IV rinnovò la proibizione delle attività massoniche ed il gran maestro Naselli dette ordine alle logge di sospendere i propri lavori.
È certo che i nascenti clubs giacobini, che avrebbero entusiasticamente sostenuto la repubblica partenopea, reclutarono a preferenza tra i fratelli massoni. Molte delle vittime della restaurazione borbonica, in effetti, erano transitate nelle logge della G. L. Nazionale od in quelle della G. L. Provinciale inglese.
Fonte GOI

La Massoneria a Napoli
Fasi del rituale di iniziazione a Maestro Massone
Un sicuro insediamento della massoneria a Napoli, a parte un precedente non del tutto certo del 1728 (relativo ad una loggia denominata Perfetta Unione), può esser fatto risalire al 1749, ad iniziativa di un mercante di seta francese, tale Louis Larnage, fondatore di una loggia alla quale aderirono diversi ufficiali e numerosi nobili. Dalla loggia originaria si distaccò un gruppo, guidato dallo stesso Larnage, che costituì un’altra loggia di più modesta fisionomia sociale. Nel luglio del 1750, per iniziativa dello Zelaia, Raimondo di Sangro principe di San Severo fu eletto gran maestro della embrionale libera muratoria napoletana e dette rapidamente mano ad una notevole espansione della confraternita.La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da Papa Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del 1738, indusse Carlo VII di Borbone (poi Carlo III, come re di Spagna) alla promulgazione di un editto (10 luglio 1751) che proibiva la Libera Muratoria nel regno di Napoli. Avendo avuto sentore della tempesta che stava per abbattersi sulla neonata massoneria napoletana, fin dal 26 dicembre 1750 il principe di San Severo aveva minutamente informato il re sulla esatta realtà dell’organizzazione da lui presieduta e, con altrettanta tempestività, il 1° agosto 1751 inviò al Papa un’abilissima lettera di ritrattazione. Le proteste di lealismo politico-religioso del San Severo valsero a limitare le sanzioni contro i liberi muratori napoletani, che si ridussero per la stragrande maggioranza di essi a una solenne ammonizione giudiziaria.Nel 1763, divenuto re di Spagna fin dal 1759 Carlo VII e regnante sotto la tutela del toscano ministro Bernardo Tanucci l’ancora minore suo figliolo Ferdinando IV, il gran maestro aggiunto della G. L. Nazionale d’Olanda Franc Van der Goes concesse una patente provvisoria di fondazione per una loggia sotto la denominazione di Les Zelés. La patente definitiva venne rilasciata dalla G. L. Nazionale di Olanda il 10 agosto 1763 e ad essa il 10 marzo 1764 fece seguito un’altra patente, che promuoveva la loggia Les Zelés al rango di Gran Loggia Provinciale per il regno di Napoli.Tra il 1766 ed il 1767 un gruppo di fratelli, guidato dall’abate Kiliano Caracciolo, creò una loggia dissidente sotto la denominazione di La Bien Choisie, ottenendo il 26 aprile 1769 una patente di fondazione dalla G. L. d’Inghilterra (Moderns), la quale in pari tempo (7 marzo 1769) aveva altresì rilasciato un’altra patente per una loggia, la Perfect Union n. 368, la quale fu investita del rango di Gran Loggia Provinciale, con a capo il duca di San Demetrio e della Rocca, sostituito nel 1773 da Francesco d’Aquino principe di Caramanico.Nel 1775 il principe di Caramanico proclamò la nascita di una G. L. Nazionale Lo Zelo, ovviamente indipendente dalla G. L. d’Inghilterra, che reagì affidando al duca di San Demetrio e della Rocca il compito di ricostituire una Gran Loggia Provinciale.

re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci
Re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci persecutori della Massoneria Napoletana Ferdinando IV il 12 settembre 1775 firmava un nuovo editto contro la massoneria, a conferma di quello del 1751. Il 1° gennaio 1776 il ministro Bernardo Tanucci ordinò una perquisizione e nelle mani della polizia rimasero alcuni borghesi, tra i quali il professore di matematica Felice Piccinini ed il grecista Pasquale Baffi, membri della G. L. Provinciale “inglese”. I lavori massonici furono ufficialmente sospesi e il gran maestro principe di Caramanico fu costretto a una pubblica abiura. Ma il processo agli arrestati, grazie alle pressioni esercitate sulla Regina Maria Carolina dallo stesso principe di Caramanico e da Diego Naselli, si concluse con la loro liberazione e con l’inaspettato pensionamento del ministro Tanucci.Nel giugno 1776 i membri della G. L. Nazionale elessero Diego Naselli gran maestro. Nel 1777 quest’ultimo aderì al Rito della Stretta Osservanza Templare, coinvolgendovi per intero la G. L. Nazionale. Nel 1779, a seguito degli sviluppi verificatisi in seno al Regime della Stretta Osservanza mediante il Convento di Lione e la riforma elaborata dal Willermoz con la trasformazione del Regime medesimo in quello Scozzese Rettificato, il Naselli e la sua Gran Loggia Nazionale aderirono alla riforma. Dal 1783, a causa della forzata rinunzia da parte del conte di Bernezzo, il Naselli assunse anche la carica di gran maestro provinciale.Nel frattempo continuava pur sempre a sopravvivere la Gran Loggia Provinciale “inglese” diretta dal duca di San Demetrio, tra i cui aderenti si devono ricordare, oltre al già citato Pasquale Baffi, il giurista Mario Pagano, l’ammiraglio Francesco Caracciolo, il medico Domenico Cirillo, l’ufficiale Giuseppe Albanese. Nel 1784, nel piedilista dell’aristocratica loggia La Vittoria, alle dipendenze del Rito Scozzese Rettificato, troviamo anche il poeta Aurelio Bertòla de Giorgi ed il conte Vittorio Alfieri, iniziato probabilmente tra il 1774 ed il 1775. Alle soglie della rivoluzione francese, tuttavia, la G. L. Nazionale era in piena regressione numerica. Il 3 novembre 1789 Ferdinando IV rinnovò la proibizione delle attività massoniche ed il gran maestro Naselli dette ordine alle logge di sospendere i propri lavori.
È certo che i nascenti clubs giacobini, che avrebbero entusiasticamente sostenuto la repubblica partenopea, reclutarono a preferenza tra i fratelli massoni. Molte delle vittime della restaurazione borbonica, in effetti, erano transitate nelle logge della G. L. Nazionale od in quelle della G. L. Provinciale inglese.
Fonte GOI

Seguiti da Guida Turistica vi addentrerete in luoghi pieni di MISTERO e di credenza popolare...

Previous
Next

"777Io ero ciò che tu sei; tu sarai ciò che io sono"
LA MORTE

Lucia e le anime pezzentelle, Chiesa di S.Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco - Napoli
Lucia l'anima pezzentella più prolifica di aiuti e ben voluta dai napoletani

Credenza popolare vuole che le anime pezzentelle il 2 novembre, nella notte dei defunti, tornino a fare visita alle case che hanno abitato.

Chi sono le ANIME PEZZENTELLE?
Per chi non lo sapesse, le anime pezzentelle, sono anime abbandonate, anime in pena, anime di teschi senza nome, ammassati nelle cave cittadine nel corso dei secoli. Anime in cerca di refrigerio (“refrisc ‘e ll’anime d’o priatorio: dai sollievo alle anime del purgatorio), anime a cui il popolo era, ed è tuttora devoto. Anime a cui ci si rivolge per chiedere una grazia, la protezione dei momenti di bisogno, e in cambio si offrono preghiere, refrigerio dalle fiamme del Purgatorio.
La pratica suggestiva delle adozioni di alcuni teschi che, di solito, venivano messi in teche e venerati o per grazia ricevuta o per voto o per fede, fecero nascere numerose storielle. Ed ecco che in un ambiente cosi magico non potevano non nascere le varie personificazioni delle "anime pezzentelle" , tra queste la figura di Lucia, una giovinetta morta subito prima del matrimonio o, le presenze di uomini morti in guerra, principesse cavalieri. Talvolta poi, i teschi hanno una storia e un nome trasmessi attraverso racconti tramandatisi nel tempo; è il caso del "monaco" (o' capa e Pascale) in grado di far conoscere i numeri vincenti al gioco del lotto, quella del "capitano", figura di riferimento emblematica del cimitero delle fontanelle o quella di "donna Concetta" nota più propriamente come "a' capa che suda". Altro aspetto significativo è legato alle leggende sulle storie dei bambini in particolare quella di "Pasqualino".
I bigliettini scritti in stampatello e le date di pochi mesi o un anno fa, ti ricordano che da queste parti non si aspetta Halloween per andare da Lucia, per parlare con i morti.
Ecco alcuni messaggi rinvenuti nei teschi:
‘Principessa Lucia fai tornare mio marito a casa da me’.
‘Cara Lucia, fai guarire mio fratello da quella brutta malattia’.
‘Grazie principessa Lucia, il tuo capitano’.
Anima bella venitemi in sogno e fatemi sapere come vi chiamate. Fatemi la grazia di farmi uscire la mia serie della cartella Nazionale. Anima bella fatemi questa grazia, a buon rendere...
Napoli 3/4/1944
La famiglia dell'Aviere Lista Ciro trovandosi senza notizie di suo figlio da pochi giorni dopo l'Armistizio e quindi sono otto mesi ed essendo devota di voi aspetta con tanta fede da voi la bella grazia.

Lucia
In qualsiasi mese dell’anno, la nicchia dove c’è il teschio di Lucia (ancora incorniciato nel suo velo da sposa) è piena di bigliettini, preghiere, fiori freschi e di plastica, ex voto. E tra i fiori e gli ex voto, c’è anche un vestito da sposa impacchettato e sistemato ai piedi della nicchia, la ragazza che fa da guida nell’ipogeo, spiega che era preso in prestito da ragazze povere, che altrimenti non avrebbero potuto permettersi l’abito bianco. La leggenda narra di Lucia, ragazza di nobile famiglia, forse morta mentre scappava da un matrimonio combinato oppure morta subito dopo il matrimonio. In ogni caso, una giovane e un amore finito male. E a lei le napoletane si rivolgevano (e tuttora si rivolgono) per ricevere una grazia…
Si rivolgono a lei, e alle altre anime pezzentelle, nella chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco o al Cimitero delle Fontanelle alla Sanità.

Il Teschio del Capitano con "l'occhio nero" Questo teschio era stato adottato da una povera ragazza, ad esso ella rivolge tutte le sue cure e preghiere, supplicandolo perché le facesse trovare marito. Così avvenne e, prima di andare all'altare, la giovane volle ringraziare il teschio per la grazia ricevuta. Il giorno delle nozze tutti erano attirati dalla presenza in chiesa di uno strano tipo vestito da soldato spagnolo; questi, al passaggio degli sposi, sorrise alla ragazza e le fece l'occhiolino. Il marito, ingelosito, lo affrontò e lo colpì ad un occipite con un pugno. Tornata dal viaggio di nozze, la giovane si recò subito al cimitero per ringraziare ancora il suo teschio e lo trovò con una delle orbite completamente nera. Si gridò al miracolo ed il teschio in questione fu indicato come il "Teschio del Capitano". In seguito gli furono attribuiti anche altri miracoli.

777'O Munaciello...

Molte sono le leggende popolari e i detti popolani sulla figura più esoterica e strana di Napoli
Il Munaciello personaggio esoterico napoletano

‘O Munaciello è un personaggio imprevedibile ed è temuto dal popolo per i suoi dispetti ma è anche amato perché a volte fa sorprese gradite che sollevano anche economicamente la situazione di una famiglia. Egli si manifesta come un vecchio-bambino che indossa il saio dei trovatelli, che venivano ospitati nei conventi. Amante delle donne, leggermente vizioso, è solito in presenza delle giovani e belle donne palparle con un comportamento da "rattuso" ed in cambio di questo e/o dello spavento che il suo aspetto ripugnante procura a chi lo incontra lascia delle monete. In questo caso non bisogna rivelare a nessuno l'episodio, pena l'accanimento del Munaciello nei nostri confronti.

Vi sono due ipotesi sulla sua origine:
La tradizione narra che la “storia” delle origini del Munaciello: verso il 1445, epoca in cui Napoli era governata dagli Aragonesi, la bella Caterinella (Caterine Frezza), figlia di un ricco mercante, s’innamorò di un bellissimo giovane garzone, Stefano Mariconda. L’amore fu contrastato dal padre di lei tanto che un giorno il ragazzo fu trovato morto nel luogo dove era solito incontrare Caterina. La fanciulla dal grosso dispiacere si ritirò in convento dove in seguito diede alla luce un bimbo deforme. Le suore lo accudirono e gli cucivano vestiti monacali con un cappuccio per nasconderne le deformità. Fù così che quando usciva dal convento per le strade di Napoli il popolo cominciò a chiamarlo “lu munaciello”. Col passar degli anni gli furono attribuiti poteri magici tanto da farlo divenire una leggenda che oggi tutti i napoletani conoscono.
La seconda ipotesi vuole che il Munaciello sia il gestore degli antichi pozzi d'acqua che, in molti casi, aveva facile accesso nelle case passando attraverso i cunicoli che servivano a calare il secchio. Quando non veniva pagato per i suoi servizi egli si vendicava facendo dei dispetti agli abitanti della casa.
Secondo gli occultisti la storia di questo fanciullo è pura invenzione del popolo che volle assegnare aspetti benevoli ad un individuo demoniaco. Infatti secondo la teoria esoterica il munaciello non era altro che una presenza demoniaca del male che, ricorrendo a doni, in realtà ingannava le vittime cercando di comprarne l’anima. Il popolo ha però esorcizzato la paura e ancora oggi aspetta la visita de ‘0 munaciello che può lasciare del denaro inaspettatamente senza chiedere nulla in cambio.

777'A Bella 'Mbriana...

Nella credenza popolare napoletana è lo spirito della casa e rappresenta uno spirito benigno.

La Bella Mbriana ... spirito benevolo della Casa Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. Di aspetto avvenente, regna, controlla e consiglia gli abitanti. Nel corso dei secoli, e ancora oggi, è l'antagonista del munaciello. E' anche detta Meriana oppure Mberiana. La derivazione etimologica proviene dal latino: meridiana, il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, è molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana. Alla bella 'mbriana piace l'ordine e la pulizia e per questo una casa trascurata la rende irascibile. Quando si decideva un trasloco, si cercava di parlarne fuori casa, in modo da nn farla ascoltare per non tirarsi addosso le sue ire. In antico, si metteva a tavola un posto in più per lei e una sedia libera perchè poteva entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero state occupate la nostra Amica sarebbe potuta andar via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalità!

777'A Janara...

nella credenza napoletana contadina, è una specie di strega presente nei racconti popolari.
La Strega chiamata Janara nella fantasia popolare contadina napoletana

La Janara usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per prenderne uno e cavalcarlo per tutta la notte. Completamente nuda e vecchia, una volta scoperta, aggrediva e addirittura sbranava le sue vittime. Aveva l'abitudine di praticare le treccine alla criniera del cavallo che aveva preso, lasciando cosi un segno della sua presenza. Tante volte il cavallo non sopportava lo sforzo immane a cui era sottoposto, e moriva di fatica. Contrariamente a tutte le altre streghe, la Janara era solitaria e tante volte anche nella vita personale di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido. Per poterla acciuffare, bisognava immergersi completamente in una botte piena d'acqua per poi afferrarla per i capelli che erano il suo punto debole. L'etimologia porposta per il termine popolare jamara metteva in connessione tale nome con il latino ianua=porta, in quanto essa è insidiatrice delle porte per introdursi nelle case. Per allontanarla si è soliti mettere, davanti alla porta di casa una scopa di fascine; la janara è costretta a contare i rametti sottili; intanto scompare la luna e, con essa anche il pericolo. Ancora oggi una piccola scopa, appesa alla porta o al muro di casa è ritenuta uno "scaccia-guai".

Seguiti da Guida Turistica vi addentrerete in luoghi pieni di MISTERO e di credenza popolare...

Previous
Next

"8888Io ero ciò che tu sei; tu sarai ciò che io sono"
LA MORTE

Lucia e le anime pezzentelle, Chiesa di S.Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco - Napoli
Lucia l'anima pezzentella più prolifica di aiuti e ben voluta dai napoletani

Credenza popolare vuole che le anime pezzentelle il 2 novembre, nella notte dei defunti, tornino a fare visita alle case che hanno abitato.

Chi sono le ANIME PEZZENTELLE?
Per chi non lo sapesse, le anime pezzentelle, sono anime abbandonate, anime in pena, anime di teschi senza nome, ammassati nelle cave cittadine nel corso dei secoli. Anime in cerca di refrigerio (“refrisc ‘e ll’anime d’o priatorio: dai sollievo alle anime del purgatorio), anime a cui il popolo era, ed è tuttora devoto. Anime a cui ci si rivolge per chiedere una grazia, la protezione dei momenti di bisogno, e in cambio si offrono preghiere, refrigerio dalle fiamme del Purgatorio.
La pratica suggestiva delle adozioni di alcuni teschi che, di solito, venivano messi in teche e venerati o per grazia ricevuta o per voto o per fede, fecero nascere numerose storielle. Ed ecco che in un ambiente cosi magico non potevano non nascere le varie personificazioni delle "anime pezzentelle" , tra queste la figura di Lucia, una giovinetta morta subito prima del matrimonio o, le presenze di uomini morti in guerra, principesse cavalieri. Talvolta poi, i teschi hanno una storia e un nome trasmessi attraverso racconti tramandatisi nel tempo; è il caso del "monaco" (o' capa e Pascale) in grado di far conoscere i numeri vincenti al gioco del lotto, quella del "capitano", figura di riferimento emblematica del cimitero delle fontanelle o quella di "donna Concetta" nota più propriamente come "a' capa che suda". Altro aspetto significativo è legato alle leggende sulle storie dei bambini in particolare quella di "Pasqualino".
I bigliettini scritti in stampatello e le date di pochi mesi o un anno fa, ti ricordano che da queste parti non si aspetta Halloween per andare da Lucia, per parlare con i morti.
Ecco alcuni messaggi rinvenuti nei teschi:
‘Principessa Lucia fai tornare mio marito a casa da me’.
‘Cara Lucia, fai guarire mio fratello da quella brutta malattia’.
‘Grazie principessa Lucia, il tuo capitano’.
Anima bella venitemi in sogno e fatemi sapere come vi chiamate. Fatemi la grazia di farmi uscire la mia serie della cartella Nazionale. Anima bella fatemi questa grazia, a buon rendere...
Napoli 3/4/1944
La famiglia dell'Aviere Lista Ciro trovandosi senza notizie di suo figlio da pochi giorni dopo l'Armistizio e quindi sono otto mesi ed essendo devota di voi aspetta con tanta fede da voi la bella grazia.

Lucia
In qualsiasi mese dell’anno, la nicchia dove c’è il teschio di Lucia (ancora incorniciato nel suo velo da sposa) è piena di bigliettini, preghiere, fiori freschi e di plastica, ex voto. E tra i fiori e gli ex voto, c’è anche un vestito da sposa impacchettato e sistemato ai piedi della nicchia, la ragazza che fa da guida nell’ipogeo, spiega che era preso in prestito da ragazze povere, che altrimenti non avrebbero potuto permettersi l’abito bianco. La leggenda narra di Lucia, ragazza di nobile famiglia, forse morta mentre scappava da un matrimonio combinato oppure morta subito dopo il matrimonio. In ogni caso, una giovane e un amore finito male. E a lei le napoletane si rivolgevano (e tuttora si rivolgono) per ricevere una grazia…
Si rivolgono a lei, e alle altre anime pezzentelle, nella chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco o al Cimitero delle Fontanelle alla Sanità.

Il Teschio del Capitano con "l'occhio nero" Questo teschio era stato adottato da una povera ragazza, ad esso ella rivolge tutte le sue cure e preghiere, supplicandolo perché le facesse trovare marito. Così avvenne e, prima di andare all'altare, la giovane volle ringraziare il teschio per la grazia ricevuta. Il giorno delle nozze tutti erano attirati dalla presenza in chiesa di uno strano tipo vestito da soldato spagnolo; questi, al passaggio degli sposi, sorrise alla ragazza e le fece l'occhiolino. Il marito, ingelosito, lo affrontò e lo colpì ad un occipite con un pugno. Tornata dal viaggio di nozze, la giovane si recò subito al cimitero per ringraziare ancora il suo teschio e lo trovò con una delle orbite completamente nera. Si gridò al miracolo ed il teschio in questione fu indicato come il "Teschio del Capitano". In seguito gli furono attribuiti anche altri miracoli.

888'O Munaciello...

Molte sono le leggende popolari e i detti popolani sulla figura più esoterica e strana di Napoli
Il Munaciello personaggio esoterico napoletano

‘O Munaciello è un personaggio imprevedibile ed è temuto dal popolo per i suoi dispetti ma è anche amato perché a volte fa sorprese gradite che sollevano anche economicamente la situazione di una famiglia. Egli si manifesta come un vecchio-bambino che indossa il saio dei trovatelli, che venivano ospitati nei conventi. Amante delle donne, leggermente vizioso, è solito in presenza delle giovani e belle donne palparle con un comportamento da "rattuso" ed in cambio di questo e/o dello spavento che il suo aspetto ripugnante procura a chi lo incontra lascia delle monete. In questo caso non bisogna rivelare a nessuno l'episodio, pena l'accanimento del Munaciello nei nostri confronti.

Vi sono due ipotesi sulla sua origine:
La tradizione narra che la “storia” delle origini del Munaciello: verso il 1445, epoca in cui Napoli era governata dagli Aragonesi, la bella Caterinella (Caterine Frezza), figlia di un ricco mercante, s’innamorò di un bellissimo giovane garzone, Stefano Mariconda. L’amore fu contrastato dal padre di lei tanto che un giorno il ragazzo fu trovato morto nel luogo dove era solito incontrare Caterina. La fanciulla dal grosso dispiacere si ritirò in convento dove in seguito diede alla luce un bimbo deforme. Le suore lo accudirono e gli cucivano vestiti monacali con un cappuccio per nasconderne le deformità. Fù così che quando usciva dal convento per le strade di Napoli il popolo cominciò a chiamarlo “lu munaciello”. Col passar degli anni gli furono attribuiti poteri magici tanto da farlo divenire una leggenda che oggi tutti i napoletani conoscono.
La seconda ipotesi vuole che il Munaciello sia il gestore degli antichi pozzi d'acqua che, in molti casi, aveva facile accesso nelle case passando attraverso i cunicoli che servivano a calare il secchio. Quando non veniva pagato per i suoi servizi egli si vendicava facendo dei dispetti agli abitanti della casa.
Secondo gli occultisti la storia di questo fanciullo è pura invenzione del popolo che volle assegnare aspetti benevoli ad un individuo demoniaco. Infatti secondo la teoria esoterica il munaciello non era altro che una presenza demoniaca del male che, ricorrendo a doni, in realtà ingannava le vittime cercando di comprarne l’anima. Il popolo ha però esorcizzato la paura e ancora oggi aspetta la visita de ‘0 munaciello che può lasciare del denaro inaspettatamente senza chiedere nulla in cambio.

888'A Bella 'Mbriana...

Nella credenza popolare napoletana è lo spirito della casa e rappresenta uno spirito benigno.

La Bella Mbriana ... spirito benevolo della Casa Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. Di aspetto avvenente, regna, controlla e consiglia gli abitanti. Nel corso dei secoli, e ancora oggi, è l'antagonista del munaciello. E' anche detta Meriana oppure Mberiana. La derivazione etimologica proviene dal latino: meridiana, il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, è molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana. Alla bella 'mbriana piace l'ordine e la pulizia e per questo una casa trascurata la rende irascibile. Quando si decideva un trasloco, si cercava di parlarne fuori casa, in modo da nn farla ascoltare per non tirarsi addosso le sue ire. In antico, si metteva a tavola un posto in più per lei e una sedia libera perchè poteva entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero state occupate la nostra Amica sarebbe potuta andar via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalità!

888'A Janara...

nella credenza napoletana contadina, è una specie di strega presente nei racconti popolari.
La Strega chiamata Janara nella fantasia popolare contadina napoletana

La Janara usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per prenderne uno e cavalcarlo per tutta la notte. Completamente nuda e vecchia, una volta scoperta, aggrediva e addirittura sbranava le sue vittime. Aveva l'abitudine di praticare le treccine alla criniera del cavallo che aveva preso, lasciando cosi un segno della sua presenza. Tante volte il cavallo non sopportava lo sforzo immane a cui era sottoposto, e moriva di fatica. Contrariamente a tutte le altre streghe, la Janara era solitaria e tante volte anche nella vita personale di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido. Per poterla acciuffare, bisognava immergersi completamente in una botte piena d'acqua per poi afferrarla per i capelli che erano il suo punto debole. L'etimologia porposta per il termine popolare jamara metteva in connessione tale nome con il latino ianua=porta, in quanto essa è insidiatrice delle porte per introdursi nelle case. Per allontanarla si è soliti mettere, davanti alla porta di casa una scopa di fascine; la janara è costretta a contare i rametti sottili; intanto scompare la luna e, con essa anche il pericolo. Ancora oggi una piccola scopa, appesa alla porta o al muro di casa è ritenuta uno "scaccia-guai".

La Massoneria a Napoli
Fasi del rituale di iniziazione a Maestro Massone
Un sicuro insediamento della massoneria a Napoli, a parte un precedente non del tutto certo del 1728 (relativo ad una loggia denominata Perfetta Unione), può esser fatto risalire al 1749, ad iniziativa di un mercante di seta francese, tale Louis Larnage, fondatore di una loggia alla quale aderirono diversi ufficiali e numerosi nobili. Dalla loggia originaria si distaccò un gruppo, guidato dallo stesso Larnage, che costituì un’altra loggia di più modesta fisionomia sociale. Nel luglio del 1750, per iniziativa dello Zelaia, Raimondo di Sangro principe di San Severo fu eletto gran maestro della embrionale libera muratoria napoletana e dette rapidamente mano ad una notevole espansione della confraternita.La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da Papa Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del 1738, indusse Carlo VII di Borbone (poi Carlo III, come re di Spagna) alla promulgazione di un editto (10 luglio 1751) che proibiva la Libera Muratoria nel regno di Napoli. Avendo avuto sentore della tempesta che stava per abbattersi sulla neonata massoneria napoletana, fin dal 26 dicembre 1750 il principe di San Severo aveva minutamente informato il re sulla esatta realtà dell’organizzazione da lui presieduta e, con altrettanta tempestività, il 1° agosto 1751 inviò al Papa un’abilissima lettera di ritrattazione. Le proteste di lealismo politico-religioso del San Severo valsero a limitare le sanzioni contro i liberi muratori napoletani, che si ridussero per la stragrande maggioranza di essi a una solenne ammonizione giudiziaria.Nel 1763, divenuto re di Spagna fin dal 1759 Carlo VII e regnante sotto la tutela del toscano ministro Bernardo Tanucci l’ancora minore suo figliolo Ferdinando IV, il gran maestro aggiunto della G. L. Nazionale d’Olanda Franc Van der Goes concesse una patente provvisoria di fondazione per una loggia sotto la denominazione di Les Zelés. La patente definitiva venne rilasciata dalla G. L. Nazionale di Olanda il 10 agosto 1763 e ad essa il 10 marzo 1764 fece seguito un’altra patente, che promuoveva la loggia Les Zelés al rango di Gran Loggia Provinciale per il regno di Napoli.Tra il 1766 ed il 1767 un gruppo di fratelli, guidato dall’abate Kiliano Caracciolo, creò una loggia dissidente sotto la denominazione di La Bien Choisie, ottenendo il 26 aprile 1769 una patente di fondazione dalla G. L. d’Inghilterra (Moderns), la quale in pari tempo (7 marzo 1769) aveva altresì rilasciato un’altra patente per una loggia, la Perfect Union n. 368, la quale fu investita del rango di Gran Loggia Provinciale, con a capo il duca di San Demetrio e della Rocca, sostituito nel 1773 da Francesco d’Aquino principe di Caramanico.Nel 1775 il principe di Caramanico proclamò la nascita di una G. L. Nazionale Lo Zelo, ovviamente indipendente dalla G. L. d’Inghilterra, che reagì affidando al duca di San Demetrio e della Rocca il compito di ricostituire una Gran Loggia Provinciale.

re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci
Re Ferdinando IV e Bernardo Tanucci persecutori della Massoneria Napoletana Ferdinando IV il 12 settembre 1775 firmava un nuovo editto contro la massoneria, a conferma di quello del 1751. Il 1° gennaio 1776 il ministro Bernardo Tanucci ordinò una perquisizione e nelle mani della polizia rimasero alcuni borghesi, tra i quali il professore di matematica Felice Piccinini ed il grecista Pasquale Baffi, membri della G. L. Provinciale “inglese”. I lavori massonici furono ufficialmente sospesi e il gran maestro principe di Caramanico fu costretto a una pubblica abiura. Ma il processo agli arrestati, grazie alle pressioni esercitate sulla Regina Maria Carolina dallo stesso principe di Caramanico e da Diego Naselli, si concluse con la loro liberazione e con l’inaspettato pensionamento del ministro Tanucci.Nel giugno 1776 i membri della G. L. Nazionale elessero Diego Naselli gran maestro. Nel 1777 quest’ultimo aderì al Rito della Stretta Osservanza Templare, coinvolgendovi per intero la G. L. Nazionale. Nel 1779, a seguito degli sviluppi verificatisi in seno al Regime della Stretta Osservanza mediante il Convento di Lione e la riforma elaborata dal Willermoz con la trasformazione del Regime medesimo in quello Scozzese Rettificato, il Naselli e la sua Gran Loggia Nazionale aderirono alla riforma. Dal 1783, a causa della forzata rinunzia da parte del conte di Bernezzo, il Naselli assunse anche la carica di gran maestro provinciale.Nel frattempo continuava pur sempre a sopravvivere la Gran Loggia Provinciale “inglese” diretta dal duca di San Demetrio, tra i cui aderenti si devono ricordare, oltre al già citato Pasquale Baffi, il giurista Mario Pagano, l’ammiraglio Francesco Caracciolo, il medico Domenico Cirillo, l’ufficiale Giuseppe Albanese. Nel 1784, nel piedilista dell’aristocratica loggia La Vittoria, alle dipendenze del Rito Scozzese Rettificato, troviamo anche il poeta Aurelio Bertòla de Giorgi ed il conte Vittorio Alfieri, iniziato probabilmente tra il 1774 ed il 1775. Alle soglie della rivoluzione francese, tuttavia, la G. L. Nazionale era in piena regressione numerica. Il 3 novembre 1789 Ferdinando IV rinnovò la proibizione delle attività massoniche ed il gran maestro Naselli dette ordine alle logge di sospendere i propri lavori.
È certo che i nascenti clubs giacobini, che avrebbero entusiasticamente sostenuto la repubblica partenopea, reclutarono a preferenza tra i fratelli massoni. Molte delle vittime della restaurazione borbonica, in effetti, erano transitate nelle logge della G. L. Nazionale od in quelle della G. L. Provinciale inglese.
Fonte GOI